Antonio Garau, noto anche con lo pseudonimo di Nino (Cagliari, 12 dicembre 1923 – Cagliari, 12 luglio 2020), è stato un partigiano e antifascista italiano con il nome di battaglia "Geppe". Era figlio di Raimondo Garau e di Iolanda Gibertini, nativa del Modenese. All'età di diciassette anni si iscrisse alla Accademia Aeronautica di Caserta. Dopo l'Armistizio decise di recarsi nel Modenese per raggiungere i nonni materni. Giunto in Emilia, entrò immediatamente in contatto con i movimenti antifascisti, grazie a Gino Gibertini, cugino della madre, che lo aveva ospitato. Si unì con il primo nucleo della SAP (Squadre d'Azione Patriottica). Entrò nella Resistenza con il nome di battaglia "Geppe", partecipò in prima persona alla costituzione della Brigata "Aldo Casalgrandi" - dal nome del primo componente della Brigata ad essere catturato e giustiziato dalle truppe naziste -, in cui assunse un ruolo chiave, essendo uno dei pochi in grado di maneggiare le armi e di applicare le tattiche militari.
In poco tempo, grazie alle sue capacità di mediazione, ne divenne il comandante. "Geppe" era spinto dal desiderio che la guerra finisse quanto prima. Il 31 dicembre del 1944 a Castelvetro, i militanti della Brigata furono colti di sorpresa e quindi catturati da una compagnia anti partigiana residente a Ciano d’Enza e formata da altoatesini, capaci di parlare correttamente sia l’italiano sia il tedesco. La cronistoria della Brigata rilevò che tra i catturati vennero trattenuti Nino Garau, Aronne Simonini, Gino Gibertini, Giorgio Trenti di Castelvetro. Mentre Giorgio Trenti ed Aronne Simonini vennero subito fucilati al Castello di Canossa il 26 gennaio 1945, Gibertini fu portato a Modena, e di lui non si seppe più nulla. I prigionieri, tra cui Geppe, dopo essere stati interrogati, subirono delle torture. Venne dunque portato nel carcere di Verona, dove conobbe Spartaco Demuro, un altro prigioniero sardo che gli confessò d’essere in contatto con altri militanti della resistenza locale in grado di organizzare una fuga dalla prigione. Garau e Demuro riuscirono a superare il cancello e a fuggire. Per il partigiano l’uscita dal carcere fu faticosa e dolorosa, a causa delle ferite riportate in seguito alla tortura. Garau riprese a combattere e, dopo una lunga serie di azioni, l’evento più rilevante fu la liberazione di Spilamberto e dei centri limitrofi, iniziata il 21 aprile, grazie alla strategia d'attacco e di difesa organizzata da Geppe e all’appoggio degli abitanti di Spilamberto. Dopo tre giorni di battaglia i partigiani riuscirono a disperdere le truppe tedesche e la mattina del 23 aprile 1945 si poté affermare che la città di Spilamberto e tutta la “V Zona” erano state liberate dai nazifascisti, due giorni prima dell’arrivo degli Alleati. Prima del definitivo rientro a Cagliari, durante le prime consultazioni amministrative, tenute nel 1946, Garau fu eletto consigliere comunale a Spilamberto e contribuì alla scrittura della cronistoria della Brigata “Casalgrandi”. In seguito la cronistoria venne data alle fiamme affinché non rappresentasse una prova da utilizzare strumentalmente contro i partigiani nei processi intentati nel dopoguerra.